Tra i poeti che, agli inizi del Novecento, segnarono una stagione di fermenti e inquietudini in una cultura dominata dalla temperie positivista, l'estro poetico di Clemente Rebora (1885-1957) irruppe con una forza espressiva di alto ed emblematico significato umano e letterario. Legato al clima della «Voce», Rebora condivise con la sua generazione l'ansia di trovare nella poesia una fonte sicura di idealità esistenziale e di profonda innovazione. La drammatica esperienza della Prima Guerra mondiale, poi, sarà all'origine della svolta radicale della vita di Rebora: la conversione al cattolicesimo e, poco dopo, l'entrata a Domodossola nell'Istituto della Carità fondato dal beato Antonio Rosmini.
Ordinato sacerdote rosminiano nel 1936, la sua vocazione poetica affiora prepotentemente nella ricchezza del suo epistolario e delle prose fino a sfociare in un deciso e densissimo ritorno alla poesia con i Canti dell'infermità (1947-1956).
A più di cinquant'anni dalla morte, avvenuta a Stresa il 1° novembre 1957, e dopo che gli sono stati dedicati incontri e studi di notevole spessore culturale, il presente volume intende approfondire la continuità tra il primo e il secondo Rebora: un poeta cristiano di fronte alle molteplici sfide che la fede cristiana si trova ad affrontare in quel Novecento e oltre che si caratterizza, com'è noto, per una strisciante e preoccupante messa tra parentesi del problema di Dio nella coscienza umana.
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223 pagine. Fa parte (III volume) della raccolta «Quale creatività spirituale a servizio della cultura»- Alla memoria di mons. Cataldo Naro